Dalvik km. 48440-Kopasker km. 48805
Da annotare che ieri sera mentre preparavamo il nostro solito piatto di riso, questa volta al sugo, ci intrattiene un tipo islandese che dice di lavorare per una compagnia che mette giù le tubazioni per l’energia geotermica. Ci fa anche vedere le previsioni sul giornale, spiegandoci i giorni, le temperature ecc… Poi Sassoli e ….(un nome impronunciabile) chiamiamolo Mister x si intrattengono in una conversazione della quale scoprirò, dopo mezz’ora, che Sassoli non ha capito un’acca; poi mister x ci abbandona soddisfatto.
Si pone ora un altro problema, l’altro giorno stanca di mangiare bacon e prosciutto ho comprato una scatoletta di tonno, alla quale, mi sono accorta solo dopo, manca la linguetta per aprire… beh stasera è la fatidica sera in cui si deve aprire…dopo varie imprecazioni e vari tentativi Sassoli è riuscito ad aprirla. Per concludere il racconto della serata, mentre sorseggiavamo il nostro the ( sempre offerto dell’hotel Soley) ci arriva in cucina un tipo un po’ strambo in camicia di flanella a scacchi blue e bianca, jeans sdruciti, barba incolta di qualche giorno, aria simil ubriaca e ovviamente con una Viking in mano, il pc sotto braccio…si collega alla presa e comincia a parlottare tra sé, apre messenger e ridacchia da solo. Bella compagnia no?
La nostra colazione invece, è allietata da Elizabeth, una signora 50enne, insegnante di geologia e guida turistica, islandese. Molto conviviale ci ha chiesto cosa avevamo visto e poi sfoggiando le sue doti turistiche ci ha consigliato 2/3 posti poco turistici da vedere. Ci ha spiegato un po’ di geologia soprattutto sul Lakagigar e le sue eruzioni vulcaniche, sull’influenza che ha avuto (si dice) sulla rivoluzione francese, ed altre particolarità, insomma un piacevole inizio per questa giornata che si annuncia piovosa.
"Today is a rainy saturday and tomorrow God will stop to cry" diceva il buon vecchio Beckett, e ne aveva ragione, oggi piove pure ad Husavik e le balene sono incazzate nere, non possono prendere il sole ne farsi fotografare a suon di reflex.
Per fortuna c’è un ristorante carino dove assaggio i puffin al forno e un ottimo tris di pesce. Carino pure il conto 5200 corone compresa la torta di mele e l’ottava zuppa di pesce per la Callegaro; per vedere a fondo il suo intestino tenue ci vorrebbe Jacques Cousteau!
Procediamo verso Kopasker lungo la costa che si abbassa in dolci pendii verdognoli, mi chiama mia madre è disperata, ha perso le lenti a contatto della gatta Irina che pare sia pure diventata idrofoba, non si accovaccia più neanche per Alda D’eusanio, eh magari fosse la gatta Irina,…sono altre le cose un decibel più fastidiose.
La fine dell’Islanda si avvicina, l’abitato di Kopasker sembra preannunciarla raccolto com’è in un fazzoletto di 16 villette a schiera dai colori sempre più tenui. Ci sono due adolescenti col rossetto messo male, la pelle sbiancata dal freddo, camminano tra le sgangherate fabbriche vicino al porto con le mani in tasca, di ritorno dalla passeggiata.
Torniamo all’ostello, molto elegante, con imbottiture rosso porpora sado-maso sulle porte. Il proprietario è un timidone intorno ai 50, alto, magro, faccia scavata, alla parete una schiera clamorosa di cd e un’innata gentilezza.
Ore 4.47.13 secondi, direzione ambarabaccicicocco, o meglio la località più a nord dell’Islanda che poi la Callegaro specificherà. Un faro bianco, il mare impetuoso e dietro i sassi quasi a contenere lo stesso mare una luce azzurrognola invade la prateria, apre i nostri sguardi all’infinito, o forse più semplicemente al Circolo Polare Artico distante solo 2 km.
Si riparte, io spacco tutto quello che potevo spaccare del carter protettivo, si va in cerca di un meccanico, è al N1 lo troviamo: le grandi porte dell’hangar sono chiuse, ne apro una più piccola, entro dentro, c’è la radio accesa ad alto volume che da i Doors, più vado avanti e più ho la sensazione di trovarmi di fronte una gallina sgozzata; ci sono gli arnesi più impressionanti, catene di molotov, sparasassi, cinghie dentate, tute insanguinate, in fondo poi c’è l’escavatore, forse serve per seppellire i cadaveri oltre il fosso. Comunque Hannibal Lecter non è in officina, dev’essere andato a giocare a poker al casinò di Asbyrgi.
Ritorniamo all’ostello, io vado a scattare le mie foto surreali, cantieri perquisiti dai Nas, camion senza cabina, donne senza volto, insomma tutto ciò che faccia colore. La cena è pantagruelica, salmone, pesto, pancetta, pescegatto e pescecane… Tra l’altro va rimarcato che sto mangiando esageratamente, sono ricercato da una celebre bakery di Reykjavik a cui ho sottratto 6 focacce con le mele, veramente indecoroso!
Per la conservazione del salmone chiedete alla mia collega veneta, stasera ha rinvoltato quella povera bestiola nei vecchi sottosale dei calzini. Ditemi voi se questa è vita!
lunedì 1 ottobre 2007
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento