Skagastrond km. 46433-Isafjordur km. 46897
La notte passata al riparo nella nostra “Grissie” passa in fretta, è già mattino. Prendiamo possesso della cucina nuova di zecca in legno di pino del campeggio e colazioniamo con succo di frutta e pane e marmellata, anzi colaziono solo io, mentre Sassoli dallo sguardo triste si nutre solo di Kappi (latte e cacao).
Risaliamo in macchina e si riparte sempre più a nord. Lasciamo Skagastrond a suon di musica country attraversiamo Blonduos lasciamo poi la 1 per affrontare l’impervia n.61 che ci porterà a Isafjordur. Per pranzo giungiamo a Holmavik, Sassoli opta per girarcela in solitudine la citta quasi a dividere definitivamente il viaggio. Io mi dirigo verso il porto, uno pseudo faro, la chiesetta…chiusa, mentre Sassoli visita il museo della stregoneria.
Si rimonta in sella alla santa fe, direi quasi costretti insieme,la starda si dipana un po’ sterrata un po’ asfaltata e si cominciano a solcare i primi firodi. Il primo che affrontiamo è quasi il più imponente di tutti, è Isafjordur, immerso tra 2 montagne che lo circondano se ne sta li rintanato al sicuro dall’oceano. Di fronte a noi ad ogni entrata ed uscita dai vari fiordi si staglia il ghiacciaio Dragajokull che con le sue nevi perenni incornicia i fiordi.
Arriviamo finalmente a Sudavik ultimo paesino prima dell’ambita meta, ancora qualche km. La strada gira intorno alla montagna c’è una piccola galleria, quasi un arco a suggellare l’entrata a questo ultimo avamposto. Ed eccolo spuntare placidamente adagiato sul lato sinistro della montagna. La ricerca di un alloggio sembra un’impresa platonica, ma poi la gentile ragaza dell’hotel Isafjordur, telefona alla Gamla Guesthouse (dove mi avevano detto che era tutto pieno, vai a capirli ‘sti islandesi) e ci trova una sistemazione su letti a castello con altre persone. Depositiamo quindi i nostri sacchi a peloe … ci si divide di nuovo…(non mi piacciono queste divisioni, ma forse me le sono cercate!!) per la visita della città, che di cosmopolita, come dice la Lonely, ha ben poco visto che tutti i negozi chiudono alle 18.
Nonostante la città sia tutt’altro che cosmopolita, oggi è un giorno da fiabe e come nelle migliori fiabe ecco che appare lei; sembra uscita dalla ciotola di un pittore isterico, tutta colorata, le scarpe raso terra stile danza, la sottana rosso porpora un po’ sgualcita e la cartella in cartongesso marrone sulle spalle. E’ lì ferma sul marciapiede che chiacchera amabilmente tenendo ben salda la biciclettina col cestello. Le sue comari sono 2 30enni; una è gravida, di pelo rossiccio, l’altra è una bionda che ha già sfigliolato. Basterebbe pronunciare appena un po’ più forte il suo nome e lei si volterebbe, Amalia, creatura sublime, conosciuta 5 anni fa da mio cugino Tommy, qui proprio a Isafjordur, poi reincontrata 2 anni fa ad un party estivo.
Prendo coraggio e appena uscita da un negozio di casalinghi la fermo, gli racconto la storia, lei rimane allibita quanto me; ha un bellissimo sorriso che sprizza gioia di vivere, rotondità. Mi invita a prendere una birra dopo cena, io le spiego che di fatto sono in compagnia femminile ma cedo alle sue spiegazioni sulla strada.
Si tratta di una vecchia casa oltre il porto, proprio oltre il ristorante di pesce, il quartiere si chiama tipo quel fiordo a est, Neskaupstadur, forse è soltanto la traduzione di bagni pubblici ma chi se ne importa; ho una tale voglia di fare quell’itinerario così romantico che devo farlo. Il tempo di cenare ed esco, sarà l’entusiasmo ma Isafjordur ora mi appare più poetica: percorro tutta la strada principale e arrivo al molo. In questi casi il mio intuito non fallisce mai, è di sicuro la casetta nera sulla destra, e poi c’è la bicicletta parcheggiata. Ci giro intorno ¾ volte con l’aria finto interrogativa poi mi avvicino un po’ troppo e una signora sulla 60ina mi intercetta, non ho più scampo, olte il vetro esplode il sorriso di Amalia che corre ad aprirmi, scalza mi conduce in salotto, mette su un portafrutta in vetro pieno di mirtilli e versati sui bicchieri ci spruzza panna e zucchero. Di fronte a me ho i genitori, due 60enni giovanili e brillanti, ho sempre troppa immaginazione lo so ma mi sembra di essere lì a chiederle la mano, che buffo!!! La conversazione procede spedita, intelligente e divertente; ad un certo punto tirano fuori vecchie mappe ingiallite, mi spiegano improbabili strade di fiordi nascosti, lei sorride, scalza e ora con i capelli sciolti.
Poi mi fa vedere i sassi neri di Snaelfoss, conservati in un cestino di vimini, poi al terzo caffè trovo la forza di congedarmi, saluto tutti e in ultimo lei che non riesce del tutto a celare i seni vichinghi.
Se fosse sola sarebbe da baciarla ma meglio non fare pazzie, meglio correre come un bambino verso il letto, felice ed entusiasta. Forse ci rivedremo a Firenze, dolce Amalia.
lunedì 1 ottobre 2007
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