venerdì 14 settembre 2007

diario: 7 agosto

Keflavik km 42664-Grindavik km 42753

Il cielo è plumbeo, nordico, l’aria è tesa, secca. Fredda decisamente, fatta eccezione per la sala colazione, discretamente imbandita dal proprietario, un 45enne molto mite che calza a pennello in questa guesthouse, Alfholl, in islandese sarebbe “casa delgi elfi”.
Di certo fiabesca lo è, con il parapetto delle scale bianco candido, la moquette ovunque di un blu intenso, sembra riassumere lo stesso clima “natalizio” della città.
Il pane tostato che schianta dolcemente, il barattolo di marmellata ai mirtilli quasi esaurito, insomma godiamo follemente di questo mattino d’agosto che più invernale non si può.
Ma è ora di partire, Reykjavik ci saluta con le sue casette colorate, con il lago dei cigni appena fuori dal centro e ci riserva anche un piccolo fastidio; alla Calle hanno rubato il “robo”, che nel suo gergo mestrino identifica almeno 57 oggetti, un cane di grossa taglia, il tagliaunghie, il cesto di vimini, il foglietto in chiesa per le preghiere…
In questo caso il robo, come lo chiama lei, era il gancio traino della valigia che probabilmente ha fatto molta gola a un pescatore islandese.
Siamo nel dramma, scene da 400 ostacoli in piena Reykjavik, Mirka piegata a ¾ che spinge in corsa la valigia verso le papere, Sassoli che si inchina di sbieco per portare il ¾ di montone che sta dentro sta cazzo di valigia.
Situazione capovolta, mentre ieri sera era Sassoli in panne, convinto di aver prenotato un’intera magione di pudding al posto di un fuoristrada oggi è la Calle che inconsapevolmente è stata derubata.
La situazione si risolve, Sassoli estrae dallo zaino una vecchia cintura in pelle dell’83, non la usa dall’86 tra l’altro, è l’occasione per dargli lavoro, agganciarla al tir della Callegaro e guidare fino alla bus station.
Ore 14.00 siamo all’aeoroporto in attesa di Magnus, Sassoli comincia a scrivere nei fogli di prenotazione dei voli, messaggi subbliminali per mr. Magnus. Dopo 5 minuti d’attesa è già recalcitrante e vorrebbe telefonargli, gli ricordo che 10 minuti sono canonici, dopo di questi non regge più va alla cabina e chiama, lui dice di essere li in 7 minuti (notare la precisione non 5 o 10 come diremmo noi ma 7 spaccati!!) sbrighiamo le formalità, usciamo, cerchiamo con gli occhi il nostro jinmino, ma non se ne vede l’ombra. Mr. Magnus si ferma davanti ad una Hunday Santa Fe… sorpresa…”the Jymny is not confortable” ci dice Mr. Magnus…lo amiamo sempre di pù, controllo graffi e poi si parte!!!
Ci dirigiamo verso Sandgeroi, ci accolgono cavalli bradi che brucano, pecore stese alla pioggerellina, si arriva a Gardur c’è un faro in punta ad una scogliera nera, nera. Si risale in macchina passiamo l’abitato fantasma con macelleria, barbiere e vecchietto con il benjio in mano (tipo un tranquillo weekend di paura) di Hafnir. Dopo pochi km si apre di fronte a noi la distesa vulcanica di Hafnaberg. Una leggera pioggerellina confonde il Sassoli per la camminata di 30 minuti consigliata dalla Lonely Planet per le scogliere, ma poi si fa prendere dal paesaggio e masso dopo masso si arriva al paradiso. Il sole buca le nuvole, verdi scogliere a picco sul mare si stagliano davanti a noi, lo starnazzare dei gabbiani ci fa da sottofondo musicale. In mezzo a tanti gabbiani, svetta placida la nostra prima pulcinella di mare, bellina con il petto bianco, le zampe rosse e il becco colorato. Lungo tutto il percorso di ritorno filosofeggiamo su cosa potrebbero essere degli strani agglomerati di pietre (robi) disseminati ai lati del sentiero.
Qualche km. ancora e siamo in America…non siamo impazziti ma attraversiamo il punto in cui finisce la placca europea e inizia quella americana.
Eccoci a Reykjansviti dove svetta imponente il faro che si erge sopra una collina verde, alle sue spalle i fiumi di una centrale geotermica, davanti ancora scogliere a picco sul mare con miliardi di nidi di gabbiani e altri simpatici uccelli. Ultima tappa di questa giornata: Grindavik, piccolo villaggio di pescatori.
Cena lucculiana per Sassoli che assaggia l’agnello ma che alleggerisce il suo portafogli in un tipico ristorante arredato completamente in legno. Si monta la tenda in un campeggio deserto tra il vento e una leggera pioggerelina.

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