venerdì 14 settembre 2007

diario: 13 agosto

Holl km. 44069- Borgarfjordur Eystri km 44371

Sul tavolo c’è una colazione immane; evidentemente la signora deve esseresi alzata molto presto, aver messo il centrotavola al punto giusto, disposto le marmellate fatte in casa negli appositi vasettini e via d’intorno gli affettati. Il gioco a questo punto era fatto, bastava solo verificare se il memory book era al suo posto con la penna d’ordinanza sfilante accanto e godersi lo spettacolo, saggiare il gradimento delle 3 marmellate (rabarbaro, mirtillo e arancia) rappresentava un divertimento puro per la scafata signora, autorevole quanto basta.
Lo spettacolo è riuscito ed è riuscito talmente bene che sono sceso dalla jeep, ho aperto il piccolo cancelletto celeste pastello, varcato la porta e ….invece di trovarmi davanti la tosta signora, ho trovato l’ingresso vuoto. Dalla cucina proveniva una musica, roba americana anni 50, sicchè ho approfittato dell’assenza totale per guardare ancora dentro, soffermarmi sulle tendine bianche trinate, la moquette rossa. Allora ho preferito non chiamare nessuno per salutare, ho semplicemente socchiuso la porta per lasciare intatto il ricordo, per immaginare i 2 vecchietti ai loro inverni e ho sorriso pensando di non vederli mai più.
Dettifoss e il canyon di Asbyrgi ci aspettano ed effettivamente dopo infiniti chilometri di strade terribili li vediamo. La prima è una possente cascata i cui zampilli si vedono da 1 km., il secondo è un roccione a ferro di cavallo che serpeggia tra le betulle, notevoli entrambi.
Riprendiamo la strada accidentata per raggiungere Egilsstadir e lì decidere se continuare verso Borgarfjordur Eystri. Durante quest’eterna traversata analizziamo i nostri rispettivi caratteri, le varie sfacettature positive e negative, mentre fuori dai finestrini sfila una splendida vallata verde tagliata da un fiume.
Arrivati ad Egilsstadir facciamo l’ennesima spesa da bonus solo per soddisfare una voglia alimentare: il risotto. Cerchiamo la strada 94 per andare a Borgarfjordur ma nessun cartello ce la indica, così chiediamo aiuto ad un vecchietto che sta facendo benzina. Prima di aiutarci inforca gli occhiali e in uno spettacolare inglese ci indica la strada per Seydisfjordur…qui qualcosa non torna, chiediamo allora all’unico autista che non parla inglese e anche lui indica quella strada, quindi è di li che si passa! E infatti è proprio quella giusta.
Sassoli vuole la salita…e dopo un paio di km. ecco che la strada sale, si vede l’oceano blu ai piedi della montagna… continua la salita avvolti nella nebbia giriamo intorno alla cima ed eccolo spuntare… laggiù il piccolo paesino di Borgarfjordur Eystri. Ci avviciniamo…ma sono solo 2 case e infatti costeggiamo l’oceano sconfinato e un paio di km a nord eccolo finalemente, un grazioso paesetto di mare molto colorato, riparato dalla montagna e di fronte l’oceano…a dir poco meraviglioso. Cerchiamo il centro civico per dormire, una ragazzotta dice che non è li ma in una casa grigia poco distante che è già aperta…come aperta? Senza chiave? Non c’è proprio nessuno da queste parti, la criminalità è pari a zero.
All’interno c’è solo un signore tedesco, la camera è semplice ma carina, affacciata sull’oceano, la cucina è enorme con un tavolo ovale. Ci diamo subito alla cucina, risotto formaggio e prosciutto, wusterl e senape, e quattro chiacchere con il sig. tedesco che dice di viaggiare da solo dal 1976!!!

diario: 12 agosto

Reykjahlid km. 43733-Holl km. 44069

La missione sull’Askja è riuscita.
Dovrebbe essere una notizia da prima pagina del Reykjavik’s Time , anche perché in Islanda non succede niente da almeno 2 mesi, se togliamo quell’imbianchino di Vik che ha ridipinto col bianco le colonne di basalto della spiaggia, ed è stato inseguito fino ad Hofn e poi linciato dalla frangia ambientalista di Husavik.
Insomma l’impresa Askja è iniziata in tarda mattinata quasi per sbaglio, complice il suggestivo cartello stardale che ci ha dolcemente introdotto a penetrare questo mondo oscuro.
Dapprima monotone sabbie, poi montagne a strapiombo sulle rocce di lava, poi il nulla, il fumo che fuoriesce dalle grotte nere e infine il mondo dell’Askja, grandi dune nere che ora si riempiono di neve.
Sta iniziando la tormenta e basta un minuto per osservare rapiti la verde caldera che già si deve ripartire, con il k-way, il poncho, l’ombrello…eppure non bastano del tutto a placare la furia della neve.
Io sono quasi al capolinea, bagnato da capo a piedi, le mani rigide, l’uso della parola è parziale. La Callegaro, pur avendo ripetutamente imprecato in veneziano non ha riportato danni. Ripartiamo fermandoci a dormire ad Holl, una fattoria gestita da due teneri anziani.
In seguito scopriamo dai quadretti appesi in tinello che lui ancor baldo giovane l’ha ingravidata e quindi il matrimonio riparatore ha avuto la meglio. Lo stile rustico, i dettagli, la cura estrema di questa casetta di campagna ci lasciano un delizioso ricordo.Gozzovigliamo un po’ con una coppia di milanesi, simpatici compagni di fattoria; poi la notte calerà il sipario, dolce come non mai in questa alcova di fate e gnomi.

diario: 11 agosto

Akureyri km. 43539-Reykjahlid km. 43733

L’ennesimo tentativo di far fuori la Callegaro è fallito; questa ragazza è davvero un panzer tedesco, come si definisce lei; resiste praticamente a tutto, raid aerei, terremoti, tsunami.
Devo trovare il modo di annegarla ma ormai Husavik è lontana e darla in pasto alle balene non è più possibile.
Il vento e la pioggia quasi cancellano Akureyri, pittoresca cittadina che qui è considerata la nostra Milano. Della metropoli ha davvero ben poco, fatta eccezione per il Dautinn, ristorante cosmopolita del centro. I vialetti alberati che si diramano a raggiera sul verde crinale sono disseminati di splendide case in stile coloniale dove ogni dettaglio è al suo posto, compresa la finestrella della camera dei bambini, così poetica, appena sospesa sotto il tetto.
Akureyri sembra la città delle saghe, ha un calore più che mai natalizio, un clima domestico che fa immaginare lunghi inverni al caldo dentro le coperte, con i tetti saccheggiati di neve e la sistola per il giardino fuori uso dal ghiaccio, un altro pianeta, diverso eccome da Reykjavik, un placido nido di colori e calore.
Il mattino è inoltrato, 2 minuti per vedere Godafoss, cascatella di un certo impatto e ora verso Mivatn e ancora un altro tentativo fallito di gettare la Calle nella furia delle acque, ha le scarpe ultraaderenti sta qua!!
Rassegnatomi continuo da solo verso Mivatn ma è solo una sensazione, la Calle è ancora accanto a me, sta leggendo a velocità supersonica tutti i bed & breakfast del luogo ed ha intenzione di chiedere a tutti finchè non scenderà sotto le 3000 corone in due, il che significa condividere la camera con altri 6 sconosciuti, dormire al terzo piano di un letto a castello e aspettare di cenare prima che i tedeschi abbiamo finito il barbecue per i pargoli. Questa non è vita!
Nonostante la soddisfazione infinita di fare la spesa allo “strax” che per qualità delle arringhe vince sul “bonus”.
Tra i luoghi visitati, dal craterino mivatn, alle solfatare di Namfjall, sulle due, menzione la merita la terza, Krafla, zona vulcanica dai colori iridescenti, resa ancor più memorabile da un' ascensione al cratere da brividi. Callegaro ancora in gran forma, che sta per prepararmi spaghetti al pesto e salmone affumicato, sempre dopo il barbecue dei tedeschi, s’intende!
Cena luculliana in quel di Reykjahild, spaghettini (tanto odiati da Sassoli) che sono appena un po’ collosi con il pesto prodotto in Italia da una ditta di Stoccolma. Tostiamo il pane nero, spalmato di burro e abbondante salmone islandese. E per colmare le voglie, Sassoli innaffia il tutto con un bel bicchiere di latte, che in verità si rivela essere yogurt, tra l’altro un gran buon yogurt.Condiamo la nostra cenetta con un’allegra chiaccherata con i nostri compagni di stanza, due inglesi del nord (vicino Manchester) che se la stanno girando in bicicletta.

diario:10 agosto

Kidagil km. 43307-Akureyri km. 43539

Come riemersi da un mare di verde ascoltiamo il mattino qui a Kidagil. Miinuscolo punto di sosta delimitato dal simpatico cancello rossastro posto all’entrata.
E’ bello sostare in quest’angolo remoto d’Islanda dopo le intemperie di Sprengisandur, dove al posto di aspri speroni rocciosi trovani spazio immense vallate di verde. E’ altrettanto “consolidante” constatare lo stato di totale autismo dei 2 titolari della pensioncina; lei è sui 30 anni, capelli appena tinti in bagno, aria da pianista fallita e una certa insoddisfazione di fondo, lui è un’hacker che strizza l’occhio al baseball e mangia pop corn.
Insomma sono di una bellezza infinita questi 2, straordinariamente anormali!
Colazione frugale e poi si accendono di nuovo i motori, la strada è stretta, cavalcarla con la santa fe è avventuroso, basterebbe una minima distrazione per andare sul ghiaino e finire di sotto ma sfilo dritto, ben stretto il volante, sguardo dritto.
Verso mezzogiorno ci appare Husavik, adagiata su dolci scogliere dai capelli verdi; è il principale centro di whale watching.
E noi neanche a dirlo ci caliamo nei panni del capitano Acab alla ricerca disperata di Moby Dick. A mezzogiorno e un quarto salpiamo, molliamo gli ormeggi e via verso l’oceano aperto. Per circa un’ora ci fanno compagnia gabbiani e le lundi. Incrociamo un’altra squadra di piccoli Acab che brinda felice e ci saluta, questo ci fa ben sperare. La ragazza a capo di questo vascello ci dice che siamo quasi arrivati nel punto giusto di guardarsi intorno. Assieme a noi c’è un’altra imbarcazione che scruta l' orizzonte e un’altra in cui c’è pure una troupe televisiva. Ma eccola spuntare laggiù tra le onde, fa un piccolo balzo e si rituffa nelle profondità marine. Il nostro capitano, un vecchio lupo di mare con i capelli bianchi e la barba incolta di qualche giorno, si getta all’inseguimento, eccola spuntare di nuovo placida ed elegante nella sua andatura. Ci soffia l’aria e poi sfila con la pinna dorsale e infine la coda e si reimmerge. Tutte e 3 le barche seguono da vicino i suoi movimenti una quarantina di persone scruta l’orizzonte del mare piatto davanti a noi, ma eccola di nuovo, stesso placido nuotare, non sembra si tratti di un mammifero di 15 tonnellate, lei è pacifica e beata, trasmette un’incredibile calma.
Il nostro tempo è scaduto bisogna rientrare, peccato era così bella la nostra Moby dick.
Sulla via del ritorno il cicaleccio festante dell’andata è tramutato in silenzio riflessivo, ognuno pensa ai fatti suoi, chi alla balena appena vista, chi a cosa mangerà stasera; gli animi si riaccendono un po’ quando ci viene servita cioccolata e ciambella alla cannella.
Lascaita la balena in alto mare, andiamo alla visita della città… c’è ben poco da vedere, la chiesetta verdina di fronte al porto, il negozietto di souvenir dal quale scappiamo in fretta visto che è invaso da un gruppo di italiani urlanti.
Ci si rimette in macchina, proseguiamo la costa per vedere un po‘ di panorama poi inversione a “u” e ci si dirige verso Akureyri.
La vallata che ci porta alla seconda città d’Islanda è tutta un verdeggiare di campi incontaminati dove ogni tanto spunta un casale coloratissimo. Abbiamo davanti a noi una strada in salita mezza ammantata da una nuvola e in mezzo a questa foschia ecco spuntare Akureyri, di primo acchito ci fa una gran bella impressione.
Queste casine casolorate una diversa dall’altra, il porto, è proprio una gran bella cittadina. Qualche tentativo per trovare una sistemazione per la notte e poi si esce alla scoperta della città.
Anche per mangiare non è semplice, chi è pieno, chi troppo costoso, alla fine optiamo per un ristorantino che alla fin fine non è niente male.
Unica nota dolente è che il buon Sassoli va ad alimentarsi di ciò di più bello abbiamo visto oggi…la balena!!!!Per smaltire questo lauto pranzo cosa c’è di meglio di una bella passeggiatina? Niente se non si mettesse a piovere sul più bello e si cominciano a surriscaldare gli animi.

diario: 9 agosto

Laugarvatn km. 42917-Kidagil km. 43307

Il risveglio è tra i più comici, in una sala da ballo stile flashdance con lo specchio alla parete di fondo, la sbarra, siamo i “ginger e fred” della situazione. Ci siamo solo noi con i nostri sleeping bag in questa lunga sala. Alle finestre un pallido sole, ahimé verso il mare. Nella sala comune c’è già un folto gruppo di tedeschi (almeno sembrano) che cicalecciano allegri. Ci sentiamo molto poco forniti con il nostro succo d’arancia e biscottini al cioccolato, loro sfoggiano attrezzi tra i più strani: un taglia formaggio che assomiglia molto al nostro pelapatate, colini delle più svariate forme e misure per prepararsi un’annaquato caffè…
Eh va bhè noi nel nostro piccolo ci siamo in questa vasta e splendida Islanda!
Ci laviamo i denti, abbandoniamo la nostra sala da ballo direzione Geysir.
Primi approcci con la vita islandese…fare benzina…innanzitutto non usano contanti ma una carta prepagata. La pompa is broken…mannaggia a Sassoli prende la smania di fare benzina e va in crisi… prossima pompa a Geysir 20 km di distanza, e va beh tanto ci dobbiamo andare.
5000 corone per 40 litri scarsi…per paura di restare senza.. Sassoli ne compra subito un’altra (di carta). Ora che il problema è risolto ci dirigiamo a vedere i geyser. Una visita al vecchio geysur che ormai è andato in pensione mentre 5 metri più in la c’è il giovane Strokkur che colpisce ogni 5/10 minuti. Staimo li in contemplazione della vasca ribollente con un altro centinaio di persone, e pensare che è una delle mete più visitate??
Altra meta molto ambita è la cascata di Gullfoss dire impetuosa è poco c’è un primo salto di qualche metro verso destra e poi tutto si convoglia a sinistra per un altro slato che finisce dentro ad un canyon. Il rumore è assordante ma la bellezza ne compensa il fragore.
Piccola incursione di qualche km nel Kjolur per calmare l’animo avventuriero di sassoli poi desinazione Lanndamalaugar per poi domani prendere l’autobus per lo Sprengisandur.
Nella breve distanza che ci separa però cambiano i piani… al bivio per Landamalaugar non giriamo si prosegue dritto “Andiamo a sentire com’è la strada casomai torniamo indietro…” le ultime parole famose di Sassoli… A Hrauneyjar, ultimo avamposto prima della F26, una ranger alquanto tarchiata e imponente con uno sguardo angelico dice che lo sprengisandur is easy…lo dici tu bella mia!!!!
Riempiamo di nuovo il serbatoio (5 litri) altrimenti Sassoli s’agita, svaligiamo il vicino Stark con provviste per un mese e con una fifa da far paura ci inoltriamo nella mitica F26 e già si comincia a sballonzolare tra le buche e i sassi. Una mezz’oretta circa e siamo a Versallir. Lasciate ogni speranza o voi che entrate! Diceva Dante e qui si adatta a meraviglia, la strada si fa ancora più impervia ma noi imperterriti puntiamo il muso della nostra santa fe verso il lago Mivatn. Lo spettacolo che si apre ai nostri occhi è indescrivibile. Intorno al lago Porsivatn verdeggia rigogliosa la natura. Qualche decina di km ed è ora dei ghiacciai, alla nostra destra c’è il Vatnajokull mentre a sinistra l’Hofsjokull subito a ridosso della pista battuta intatno il verde lascia il posto al nero vulcanico, poi alla sabbia, poi alle rocce. E’ un’alternarsi di cambiamenti nel paesaggio e di sensazioni che i nostri occhi e le nostre anime percepiscono. In mezzo a questa meraviglia si raggiunge l’ultimo rifugio della pista, il Tungnafellskali qualche metro e… ops… un fiume da guadare di ragguardevole entità, indecisi sul da farsi torniamo al rifugio e chiediamo consiglio. Ci accoglie un bel cane color champagne in cerca di coccole. Mettiamo il naso in un ufficietto dove un signore di una 60ina d’anni e un giovane allampanato discutono in islandese. Chiediamo del fiume, it’s little ci dicono, possiamo passare tranquillamente, la fanno semplice loro, Sassoli si rimette al volante, innesta la prima e via dritto come un ariete a metà guado, la macchina segue appena la corrente con una piccola accellerata si raggiunge l’altra riva, Sassoli raggiante si lancia in un grido liberatore, ora si può proseguire…
Alla nostra destra, intanto, si staglia maestoso il ghiacciaio Tungnafelljokull è così vicino che si può toccare, intorno a noi la natura cambia ancora dal nero vulcanico, si passa al grigio, una lunga distesa di colline grigie, sassi e nessun tipo di vegetazione.
Ed eccoci al bivio per Laugafell, da qui mancano solo 60 km alla fine di questa bella avventura. Il grigio diventa dapprima rosso, poi di nuovo nerastro. Intanto altri fiumi tagliano il nostro cammino ma ormai Sassoli ha il pieno controllo delle forza della natura. Incontriamo anche diversi altri veicoli, rigorosamente tutti 4x4, con i quali scambiamo sorrisi e gesti di saluto (questa è solidarietà stradale).
E’ ormai l’imbrunire, tutto intorno a noi acquista i colori sfumati nelle tonalità calde del giallo e del rosso tipiche di questo orario e ciò che ci circonda acquista qualcosa di ancora più magico di quel che è già.
Il nero lascia di nuovo il posto al verde ciò ci fa suppore che forse ci siamo, infatti ecco comparire all’orizzonte qualche capra, pecora o montone (non lo sappiamo con l’esattezza) un po ‘incuriosite che annusano l’aria e ci guardano come a dire “ehi voi, che ci fate qui a quest’ora?” eh si ci siamo quasi laggiù in lontananza sembra spuntare qualche luce di abitazioni. Il verde si fa sempre più intenso e la strada scende sempre di più a valle. Ecco un altro fiume, non è da guadare c’è un ponticello qualche metro e c’è un cancello chiuso ad attenderci. Rimaniamo interdetti e sorridenti scendiamo ad aprirlo e poi a richiuderlo. Sembra quasi che quel cancello serva a non far uscire niente di tutto quello di meraviglioso c’è all’interno della pista F26 e che solo chi ha visto può apprezzare e capire.
Incontriamo alcuni paeselli (2 case e 1 chiesa), Sassoli in evidente stato di stanchezza fisica dopo aver guidato per circa 7 ore nelle peggiori condizioni opta per cercare qualcosa di decente per riposare le stanche mebra ed eccolo accontentato. Alla nostra sinistra spunta un…non sappiamo bene cosa sia. Un ragazzo lungo quasi 2 metri sfoggia una maglietta di Buffon, un cappellino sotto al quale qualche ciocca ribelle fuoriesce. Ci chiede se abbiamo gli sleeping bag…eh certo che ce li abbiamo…affare fatto stanotte si dorme qui. Sassoli si riprende con una birra islandese e poi crolla con un’espressione beata sul viso di chi ha visto cose meravigliose!

diario: 8 agosto

Grindavik km.42753-Laugarvatn km.42917

Se vi capitasse di venire mai in Islanda ricordatevi di comprare un martello pneumatico; può servire per il fissaggio tenda o meglio per conficcare i piolini al di sotto della crosta terrestre.
Quello che è successo verso le 3.40 alla nostra tenda è straziante, alienante, iniquo per qualsiasi turista.
Il vento ha violentemente tolto uno ad uno i pioli dell’ikea che la Giorgia deve aver vinto con i punti del ciocorì, così la Calle si alza scattosa, rimette quel che può e si ridorme. Poi l’inevitabile, il vento colpisce ancora, sta per sfrattare i nostri culi da Grindavik, giusto 1 minuto per scappare evitando di essere gettati chissà dove.
La soluzione più ovvia sembra essere quella di dormire in santa fe, così facciamo; la calle raggomitolata dietro come un sacco d’avena, io in esercizio di stretching sul sedile passeggero. La notte scorre veloce e ci svegliamo alle 9 e mezzo; io accuso una scoliosi diffusa e una deambulazione difficoltosa, la Calle non ha un graffio. Un altro avvertimento se decidete di venire in Islanda è il seguente:
se conoscete una ragazza via chat, chiedete dei suoi trascorsi agonistici, se è stata iscritta al Cai nell’87, se fa uso di atropine, se per caso ha militato nella forestale…in caso affermativo trovate una buona scusa per farvi mollare.
Oggi meta di spicco è Laguna Blu, un grosso calderone di fumanti acque azzurre gremito di turisti o meglio di bagnanti imbranati tipo me. Per acquisire il funzionamento della chiusura deposito bagagli elettrocinetica ho impiegato dai 17 ai 24 minuti; la Calle solo 7 minuti netti ma in compenso è uscita dalle docce in 42 perché aveva memorizzato anche i bagagli di altre 7 persone.
Usciti da questo paradiso termale, incornicito da nere rocce ci avviamo verso Krisuvik, lambendo incredibili scogliere solitarie, desolate lande vulcaniche. Verso Reykjavik facciamo la prima spesa da “Bonus” l’ipermercato locale. L’acquisto è notevole! Pane a cassetta, 3 confezioncine di affettati misti, un succo di frutta e i biscottini al cioccolato per il mattino. Giungiamo a Pingvellir, suggestivo parco tra canyon rocciosi e dune di colline che si perdono all’infinito, per poi terminare la giornata a Laugarvatn, dove un omino ci conduce sgattaiolando a piedi scalzi verso un simpatico ostello.
La Calle è al settimo cielo, ha cucinato tutti i sandwich possibili, invadendo la cucina dell’ostello presa di mira dai tedeschi. Sarà guerra di sicuro ma per ora felice notte.

diario: 7 agosto

Keflavik km 42664-Grindavik km 42753

Il cielo è plumbeo, nordico, l’aria è tesa, secca. Fredda decisamente, fatta eccezione per la sala colazione, discretamente imbandita dal proprietario, un 45enne molto mite che calza a pennello in questa guesthouse, Alfholl, in islandese sarebbe “casa delgi elfi”.
Di certo fiabesca lo è, con il parapetto delle scale bianco candido, la moquette ovunque di un blu intenso, sembra riassumere lo stesso clima “natalizio” della città.
Il pane tostato che schianta dolcemente, il barattolo di marmellata ai mirtilli quasi esaurito, insomma godiamo follemente di questo mattino d’agosto che più invernale non si può.
Ma è ora di partire, Reykjavik ci saluta con le sue casette colorate, con il lago dei cigni appena fuori dal centro e ci riserva anche un piccolo fastidio; alla Calle hanno rubato il “robo”, che nel suo gergo mestrino identifica almeno 57 oggetti, un cane di grossa taglia, il tagliaunghie, il cesto di vimini, il foglietto in chiesa per le preghiere…
In questo caso il robo, come lo chiama lei, era il gancio traino della valigia che probabilmente ha fatto molta gola a un pescatore islandese.
Siamo nel dramma, scene da 400 ostacoli in piena Reykjavik, Mirka piegata a ¾ che spinge in corsa la valigia verso le papere, Sassoli che si inchina di sbieco per portare il ¾ di montone che sta dentro sta cazzo di valigia.
Situazione capovolta, mentre ieri sera era Sassoli in panne, convinto di aver prenotato un’intera magione di pudding al posto di un fuoristrada oggi è la Calle che inconsapevolmente è stata derubata.
La situazione si risolve, Sassoli estrae dallo zaino una vecchia cintura in pelle dell’83, non la usa dall’86 tra l’altro, è l’occasione per dargli lavoro, agganciarla al tir della Callegaro e guidare fino alla bus station.
Ore 14.00 siamo all’aeoroporto in attesa di Magnus, Sassoli comincia a scrivere nei fogli di prenotazione dei voli, messaggi subbliminali per mr. Magnus. Dopo 5 minuti d’attesa è già recalcitrante e vorrebbe telefonargli, gli ricordo che 10 minuti sono canonici, dopo di questi non regge più va alla cabina e chiama, lui dice di essere li in 7 minuti (notare la precisione non 5 o 10 come diremmo noi ma 7 spaccati!!) sbrighiamo le formalità, usciamo, cerchiamo con gli occhi il nostro jinmino, ma non se ne vede l’ombra. Mr. Magnus si ferma davanti ad una Hunday Santa Fe… sorpresa…”the Jymny is not confortable” ci dice Mr. Magnus…lo amiamo sempre di pù, controllo graffi e poi si parte!!!
Ci dirigiamo verso Sandgeroi, ci accolgono cavalli bradi che brucano, pecore stese alla pioggerellina, si arriva a Gardur c’è un faro in punta ad una scogliera nera, nera. Si risale in macchina passiamo l’abitato fantasma con macelleria, barbiere e vecchietto con il benjio in mano (tipo un tranquillo weekend di paura) di Hafnir. Dopo pochi km si apre di fronte a noi la distesa vulcanica di Hafnaberg. Una leggera pioggerellina confonde il Sassoli per la camminata di 30 minuti consigliata dalla Lonely Planet per le scogliere, ma poi si fa prendere dal paesaggio e masso dopo masso si arriva al paradiso. Il sole buca le nuvole, verdi scogliere a picco sul mare si stagliano davanti a noi, lo starnazzare dei gabbiani ci fa da sottofondo musicale. In mezzo a tanti gabbiani, svetta placida la nostra prima pulcinella di mare, bellina con il petto bianco, le zampe rosse e il becco colorato. Lungo tutto il percorso di ritorno filosofeggiamo su cosa potrebbero essere degli strani agglomerati di pietre (robi) disseminati ai lati del sentiero.
Qualche km. ancora e siamo in America…non siamo impazziti ma attraversiamo il punto in cui finisce la placca europea e inizia quella americana.
Eccoci a Reykjansviti dove svetta imponente il faro che si erge sopra una collina verde, alle sue spalle i fiumi di una centrale geotermica, davanti ancora scogliere a picco sul mare con miliardi di nidi di gabbiani e altri simpatici uccelli. Ultima tappa di questa giornata: Grindavik, piccolo villaggio di pescatori.
Cena lucculiana per Sassoli che assaggia l’agnello ma che alleggerisce il suo portafogli in un tipico ristorante arredato completamente in legno. Si monta la tenda in un campeggio deserto tra il vento e una leggera pioggerelina.

diario: 6 agosto

Reykjavik

Ore 3.37, la Callegaro è in preda al freddo; decide di usare quel che rimane del resto del carlino e coprirsi di giornali, scatta la foto, è uno spettacolo imbarazzante.
Ore 5.16, si sbaracca. Sassoli ha un dolore alla milza che estende fino all’orecchio.
Bastano poche minuti per sgonfiare il cuscino, montare gli anfibi e risalire verso Reykjavik, quasi una città fantasma, uno di quei borghi tanto cari al Moby Dick di Melville in cui tutto sembra statico e privo di vita.
Scendiamo verso il cuore della città attraversati dagli sguardi di ragazzi alticci, calpestando cocci di bottiglia, scavalcando i rivoli di birra che hanno segnato la notte.
Ovunque c’è disordine, grigiore appena riacceso dai colori pastello delle case. Sembra che 2 ore fa sia passata una truppa di soldati affamati, sembra che abbiano fatto razzia e poi lentamente abbandonato queste strade. C’è un senso di alienazione nell’aria, una rassegnazione all’isolamento geografico che si traduce in tanti piccoli dettagli: per fare colazione al Caffè de Paris bisogna aspettare le 9, per leggere un libro pure, per comprare i profilattici non se ne parla neanche, il distributore è in ferie.
Lynch avrebbe volentieri filamto questi 2 sessantenni che bevono thé accanto a noi, che ridono controllati e vestono informali. Sembrano 2 controllori dell’ataf ma forse è solo gente in pensione un po’ rassegnata.
Armati di buone intenzioni ci accingiamo a compiere il tour “a piedi tra palazzi e monumenti” proposto dalla Lonely planet ma per un motivo o per l’altro a neanche metà abbandoniamo e ci dedichiamo alla ricerca di un posto per la notte, alla Salvation Army è tutto full, idem per The metropolitan, in un momento di follia Sassoli entra al Plaza, c’è un’offerta speciale una notte a sole 12.000 corone…si va bèh ciao! Vorremmo andare alla guesthouse più economica di Reykjavik ma è troppo lontana allora ci fermiamo all’Alfholl: la guesthouse dei folletti e delle fate 9.000 corone … ok, è andata la camera è piccina ma carina, con gli gnomi sotto al letto che ci fanno la ninna nanna compresi nel prezzo.
Dopo l’ennesimo su e giù per le strade di Reykjavik abbiamo abbandonato le valigie e ora visita della città, visto che abbiamo scoperto che qui le banche e gli uffici di cambio al lunedì non lavorano…ecco perché stamattina erano tutti sbronzi!!!
Che si mangia? Sassoli vuole a tutti i costi la zuppa…e diamogli sta zuppa con del pane di segale molto interessante.
Finalmente saliamo ai 75 metri dell Hallgrinskjrkia, che panorama gente… tutti i tetti colorati, l’oceano e tanti alberi, ma chi aveva detto che in Islanda non c’erano alberi???!! Beh si sbaglia.
Una passeggiatina accostati all’oceano a contemplare l’infinita distesa blu.
Sassoli ha voglia di libertà quindi giro per negozi: cartoline, souvenir, guiness… entrambi alticci barcolliamo nelle strade fino a che il freddo non ci snebbi la testa.
Seduti su una panchina stiamo individuando chi è islandese e chi invece un turista… oh c’è chi può e chi non può!!
Altra cena per Sassoli altra zuppa, ne è un dipendente sfrenato, io invece toast islandese… prova superata per entrambi.
p.s. dimenticavo, una frase stasera ha sconvolto gli animi del buon Sassoli (mi dispiace non me la ricordo più) bhè quindi si tuffa in un internet point, fruga tra le sue e le mie email alla ricerca di Magnus… alla fine lo chiama ma il nostro amico è un confusionario non si ricorda neanche quello che ha mangiato a pranzo, figuriamoci una mail di 1 settimana fa. Insomma si accroda per trovarci domani alla 14 all’aeroporto, ma non è molto sicuro che lui ci sarà perché…to be continued, alla prossima puntata riuscirà il nostro eroe ad entrare in possesso della Suzuki Jimny? Seguiteci domani su onda Keflavik!

diario: 5 agosto

London-Reykjavik

La stanza d’albergo è stata progettata da un miniaturista scozzese e si vede, la Callegaro in tutta la sua iperattività stamane ha rotto gli esili equilibri della toilette e una delle sue lenti è caduta nel liquido amniotico del water closed.
Così abbiamo studiato un metodo: io mi faccio la barba mentre lei si fa la doccia in modo da permettere ai ladri di svaligiare tutto e fumarsi un cicchino…!
Dopo aver fatto colazione, rigorosamente inglese (pancetta, frittata e wurstel) si approda alla St. Paul Cathedral, tempio della religiosità londinese la domenica,e punto d’incontro per scambisti il martedì sera.
La cupola con la sua piena rotondità biancheggia alta su Londra, sulle nostre facce sudate che cercano la fine di tanta altezza, il termine ultimo di tale imponenza.
E le mie foto, da italiano medio, le mie occhiate alle canne d’organo, insomma tutte ste cose da vacanze d’agosto perdono consistenza al cospetto di tale bellezza.
Ci inoltriamo oltre il Thames, veniamo rapiti dallo sfolgorio di Southwark Cathedral, splendida chiesa gotica al cui interno ci sono in praticamente tutti; la corista 50enne che ha lascaito il pudding in forno, il cappellano sfigato a cui non sta più la tonaca e il lettore di omelie presunto gay.
Il prete invece pare stia smaltendo una grossa sbornia presa giovedì a Soho; lo hanno sospeso dal servizio, anche perché da due domeniche non era più lo stesso, leggeva a tutti i brani di Martin Luther King al posto di Martin Lutero!
Starbuck’s Coffeee è dietro l’angolo, la Mirca si getta generosamente su un milk shake alla vaniglia, ma di vaniglia lamenta che ce ne sia davvero poca tanto che deve ricorrere al distributore automatico.
Archiviato lo Starbuck’s, percorriamo Tower Bridge, giungiamo a Soho osservando al fauna che vi abita, fotografiamo 2/3 bordelli e poi tutti a prendere il waffle. Servito su un piattino di plastica, con la cioccolata che cola da tutti i lati, questa delizia dolciaria rimane una delle maggiori attrazioni di Oxford Street alle 2 del pomeriggio.
Un ultimo sguardo a Belgravia, quartiere della high class e poi siamo costretti a lascaire Londra. Il tragitto by train verso Stansted è quasi un percorso mentale che capovolge l’animo. Le verdi brughiere che scivolano ai lati del finestrino hanno il potere di depurare in un solo istante tutto ciò che Londra ci aveva ingordamente gettato contro (il caos, il lusso, i bar strapieni di gente che vive, lavora, fa l’amore, tutta gente come noi in fondo, ma che vive e abita a Londra).
Grande Londra! E’ quasi una donna, prosperosa e altezzosa che offre tutto e un minuto dopo toglie tutto.
Ora siamo qui, in aeroporto, con la luce arancio del tramonto che filtra dalle vetrate, con l’aria un po’ stanca e felice di chi tra due ore sarà nel posto più bello del mondo.
Sorvoliamo la Gran Bretagna, da quel che ci riesce di capire dal nostro pilota che parla soprattutto islandese e ogni tanto si ricorda di dire qualcosa anche in inglese.
Dopo più di 2 ore di volo ecco spuntare la nostra isola, peccato che sia visibile dall’altro lato dell’aereo, dalla nostra parte mare, mare e ancora mare.
Ogni tanto, sbirciando tra le teste dei nostri compagni di viaggio, riusciamo a scorgere le coste islandesi, il mare, i ghiacciai, il verde dei prati, le rocce nere insomma la prima impressione è un misto di meraviglia e stupore..siamo incantati
Finalemente mettono i blocchi alle ruote, e ci lasciano scendere, l’aria è frizzante e Sassoli sfoggia una mise molto cittadina, maglietta maniche corte in mezzo a tanti imbaccucati.
Già sull’autobus che ci porta a Reykjavik abbiamo qualche assaggio di ciò che ci aspetta…p.s. sono le 23.30 e c’è il sole che comincia ad imbrunire, bellissimo… una sensazione strana costeggiamo il mare con un tramonto d’incanto mentre alla nostra sinistra distese laviche intramezzate da prati verde smeraldo. Ci depositano al terminal dei bus. Comincia l’avventura…
Reykjavik si presenta bene, il sole al tramonto inoltrato rende particolare queste viuzze con le case tutte colorate. Sopra la collina svetta la Hallgrinskjrkia, imponente e maestosa domina la città. Ci lanciamo alla ricerca di una sistemazione ma ahimè non siamo molto fortunati nonostante l’aiuto di un tipico islandese di mezza età che si offre di telefonare ad una guesthouse che è in ristrutturazione. Sassoli, viaggiatore navigatore, propone di ritonare al terminal dei bus e sistemarci li, almeno siamo al caldo.
Ci sono già un paio di avventori che hanno avuto la nostra stessa idea, ci aggiungiamo alla mischia.Armato di cuscino gonfiabile Sassoli si stende sui sedili e si addormenta, io resisto ancora un po’ ma poi anche a me cala la palpebra.

diario: 4 agosto

Treviso-Reykjavik

Il ritrovo stavolta è a Mestre e Sassoli si presenta puntuale dopo un’alienante nottata spesa a casa di Tommaso, ormai relegato alla custodia della gatta Isotta, lasciatagli in dono dalla Chiarina, partita di tutta fretta per la patinata Formentera.
Alla vista della Callegaro lo stesso Sassoli indietreggia. La ragazza ripronone uno zaino della prima liceo stile “Notte prima degli esami” su cui campeggiano le scritte più svariate, Nicco t.v.t.b., Marzia forever e “collettivo mestrino per tutta la vita”. Insomma l’inizio è decisamente sgangherato, o per meglio dire rabberciato alla meno peggio.
Naturalmente incombono le fobie da pre-imbarco Ryanair; nelle ultime variazioni contrattuali passerrebbero soltano le taglie 42 ma per gli over 50 c’è il rimpatrio gratuito con una compagnia di bandiera.
In ogni caso la Callegaro è a 15,6 kg.; sta optando se togliere la tenda e portarla a spalla fino a Kensington ma la regina non gradirebbe troppo.
Scattano le prime foto, noi due seduti sghembi vicino a un cenotaffio in gesso dell’ikea.
Mentre Mirca divora crackers, dell’ikea pure quelli, io tento un’intrusione nell’attiguo ristorantino, praticamente un loculo che fa rimpiangere i McDonald’s d’oltreoceano.
Oggi servono penne panna e funghi, ignorate dai viaggiatori diretti a Charleroi che preferiscono le pizze sintetiche esposte dietro il plexiglas.
Eppure, per qualche strano incantesimo si mangia bene ed è bello entrare in simbiosi con questo stupendo mondo di plastica.
Mi sono rimasti pochi centesimi, o meglio 3,4 euro impossibili da esaurire (o compri una maxi scorta di twix oppure un vaso in porcellana al duty free, con cambiale ovviamente).
Gli animi si scaldano, il check-in è ormai inelluttabile. La checkinista ci spara uno sguardo di 3 secondi e sentenzia, per me zaino da imballare, per la Callegaro fila tutto liscio invece, complice anche di un tentato alleggerimento last minute.
La checkinista ha adesso 27 borsoni sul nastro, altri 2 minuti e scatterebbe un cid, quindi lascia correre e si sbarca al gate, o meglio piazziamo il nuovo record modiale check-in/gate: 17 secondi netti!!!
Come si comanda una compagnia low-cost non ha mica soldi da spendere in tunnel diretti all’aereo, in religioso silenzio facciamo due (ma proprio due) passi, scaletta ed eccoci nel velivolo… sistemazione posti…lo stewart ci dice che sono liberi chi prima arriva prima alloggia…e noi ci sistemiamo Sassoli al finestrino e io al centro, di fianco un padre di famiglia che si alza ogni due secondi per controllare i figli.
Tempo 5 minuti al decollo e Sassoli mi abbandona…cade in un sonno profondo dal quale si risveglia per qualche attimo e poi sprofonda di nuovo. Se cascasse l’aereo manco se ne accorgerebbe…nemmeno il sorvolo della manica lo riscuote.
Io intanto contemplando il canale della manica, che sembra piccino ma ci vogliono circa 10 minuti per sorvolare, vengo folgorata da un’illuminazione “l’Islanda è un’isola, domani ¾ del tragitto sarà sopra il mare!!!” caspita che scoperta non c’avevo ancora pernsato… Intanto iniziano le manovre di atterraggio, qualche sballottamento ed eccoci arrivati. WELCOME IN LONDON!!!!
Si percorrono i lunghi corridoi moquettati, si recuperano le valigie e via alla riscoperta di Londra. Già sul treno che ci porta in centro siamo affascinati dalla pianura verdeggiante, dalle case in mattoni rossi, dai comignoli…
Ci si dirige verso King’s cross alla ricerca di un albergo. Appena scesi dalla metro e sbucati in superficie, Sassoli, ripresosi dal coma profondo, mette in moto il suo radar e basta fare due passi ed eccolo lo vede: un alberghetto “Belgrove Hotel” edificio bianco, inferriata nera, stile inglese…ok può andare si entra a chiedere… non ci possiamo credere neppure noi…hanno una stanza ma soprattutto a 55 sterline a notte con colazione…una fortuna sfacciata!!!!!
Appoggiamo valigie e zaini e si riparte… ci dirigiamo verso Piccadilly Circus e da li per Charing Cross si raggiunge Oxford Street. Un negozio dopo l’altro si raggiunge Marble Arch e di qui ad Hyde park. Per colpa mia (avevo ancora la pancia piena da una cenetta romantica da McDonald) ci perdiamo un negozietto dove fanno i waffle, che come mi dice Samu, ma come ho avuto modo di vedere sono spettacolari…ma domani ci si ritorna costi quel che costi!!!
Attraversato Hyde Park si sbuca a Kensington dove si incontrano un gruppetto di supertirati in smoking, tubino nero e tacchi alti, poi una tiratissima limousine lunga circa quanto un camion, ma siamo in un quartiere “in” dove queste cose sono all’ordine del giorno.Si riprende la metro per l’ultima tappa di questa serata: il Big Ben che illuminato fa la sua porca figura. Niente da fare, il mio compagno di viaggio è stremato, ma anch’io accuso un dolorino al nervo sciatico (e Samuele gufa, tutto contento) si rientra, un buon sonno ristoratore che domani si ricomincia. End first day of saga

giovedì 13 settembre 2007

Personaggi ed interpreti

1 omone di Reykjavik che nel cuore della notte c’ha chiamato la guesthouse

2 ranger tarchiata di Hrauneyjar (pista Sprengisandur e Landmanalaugar)

3 ometto in ciabatte dell’ostello di Laugarvatn

4 proprietari artisti dell’albergo di Kidagil

5 coppia inglese in bici

6 coppia di milanesi a Holl

7 coppia titolare della fattoria di Holl

8 tedesco single con moto bmw a Borgarfjordur

9 tendista polacco logorroico

10 traversata vincente per i 2 roveristi padovani

11 ragazzo rasta alla pensione Mosfell di Hella

12 nonno vichingo, moglie e nipoti al seguito di Skagastrond

13 coppia di medici milanesi a Isafjordur

14 separato francese con figlie a Patreksfjordur

15 tubista geotermico specializzato a cena a Dalvik

16 Elizabeth insegnante e guida turistica a Dalvik

17 gestore “collezionista” guesthouse di Kopasker

18 torinesi fuoristradisti (compagni di Porsmork)

19 viterbese incazzata per schiammazzi notturni a Reykjavik

20 olandese 60enne playboy a Reykjavik

Itinerario

4 agosto: Firenze-Mestre; Mestre-Londra

5 agosto: Londra-Reykjavik

6 agosto: Reykjavik

7 agosto: Reykjavik-Keflavik-Sandgerdi-Gardur-Hafnir-Reykjanesviti-Grindavik km. 89

8 agosto: Grindavik-Laguna Blu-Hafnafjordur-Kopavogur-Pingvellir-Laugarvatn km. 164

9 agosto: Laugarvatn-Geysir-Gullfoss-Fluoir-Hrauneyjar-Sprengisandur-Kidagil km. 390

10 agosto: Kidagil-Husavik-Akureyri km. 232

11 agosto: Akureyri-Mivatn-Krafla-Reykjahlid km.194

12 agosto: Reykjahlid-Askja-Holl km. 334

13 agosto: Holl-Asbyrgi-Vesturland-Dettifoss-Egilsstadir-Borgarfjordur Eystri km. 302

14 agosto: Borgarfjordur Eystri-Egilsstadir-Seydisfjordur-Egilsstadir-Reydarfjordur-
Eskifjordur-Neskaupstadur km. 255

15 agosto: Neskaupstadur-Eskifjordur-Reydarfjordur-Faskrudsfjordur-Stodvarfjordur-Breiddalsvik-Djupivogur-Hofn-Jokulsarlon-Steinafjall km. 440

16 agosto: Steinafjall-Jokulsarlon-Skaftafell National Park- Laki/Lakagigar-Kirkjubaejarklaustur km. 301

17 agosto: Kirkjubaejarklaustur-Vik-Dyrholaey-Skogar-Skogafoss-Seljalandfoss-Porsmork-Hella km. 291

18 agosto: Hella-Hrauneyjar-Landmanalaugar-Hrauneyjar-Laugaras-Laugarvatn km. 287

19 agosto: Laugarvatn-Kjolur-Varmalid-Siglufjaordur-Saudakrokur-Skagastrond km. 488

20 agosto: Skagastrond-Blondous-Holmavik-Isafjordur km. 464

21 agosto: Isafjordur-Pingeyri-Nupur-Bildudalur-Patreksfjordur km. 238

22 agosto: Patreksfjordur-Raudasandur-Latrabjarg-Reykholar km. 326

23 agosto: Reykholar- Budardalur-Stykkisholmur-Grundafjordur-Olafsvik-Budir km. 314

24 agosto: Budir-Borgarnes-Reykjavik-Borgarnes-Hvammstangi-Blondous-Dalvik km. 665

25 agosto: Dalvik-Olafsfjordur-Akureyri-Husavik-Kopasker-Hraunhafnartangi-Kopasker km 365

26 agosto: Kopasker-Raufarhofn-Porshofn-Vopnafjordur-Borgarfjordur Eystri km.354

27 agosto: Borgarfjordur Eystri-Egilsstadir-Breiddalsvik-Berunes km.179

28 agosto: Berunes—Hofn-Maelifell-Vik km. 412

29 agosto: Vik-Sellfoss-Eyrarbakki-Stokkseyri-Porlakshofn-Reykjavik km. 370

30 agosto: Reykjavik-Perlan-Reykjavik

31 agosto:Reykjavik-Keflavik-Londra km. 52

1 settembre: Londra-Mestre

2 settembre: Mestre Firenze


TOTALE KM: 7508

martedì 11 settembre 2007

Ciao a tutti.

Nei prossimi giorni, vogliamo pubblicare in questo spazio il nostro viaggio in islanda.

Grazie a tutti quelli che vorranno tornare a trovarci per leggere le nostre avventure!!!!


ciao ciao